martedì 24 novembre 2009

To open the cabinets is not enough...

It may seem a triviality, but without open access to information democracy cannot be exercised fully. And most information cannot be produced without research; in particular, historical research and the knowledge it produces are essential elements for the creation and maintenance of a civil society and for the education of active and sentient citizens.

On December 12th, 1969 at 16:37 a bomb exploded at the Banca Nazionale dell'Agricoltura of Piazza Fontana in Milan, Italy killing 17 people. In the following hour three other bombs exploded in Rome, luckily without victims, and a further one was found at another bank in Milan. This date has been interpreted as the beginning of the "strategy of tension" in Italy. It is thus a crucial date in the explanation of Italian history and present. Nonetheless, we still lack a consistent and shared narrative of these events, as of the many other dark moments in Italian contemporary history.

To write this history however we need the documents, and to obtain the documents we need the possibility to access the archives. Secret of State in Italy is limited, since 2007, to 30 years, but if many archival cabinets have been formally opened, that does not mean that it is easy or straightforward to access them and see the documents. Often red tape and informal "secret of State" prevent that thorough research may be performed.

New forms of archival management and clear codes of conduct have thus to be implemented, that may help both researchers and citizens to freely access documents and to reconstruct and disclose the history of the dark heart of Italy (any reference to a certain book is not unintentional).

And just to ask this a manifesto has been issued by Italian researchers, associations, activists and citizens that appeals
for the accessibility and transparency of archives in the interest of the citizenship. As the appeal states "only a State that is not afraid of truth and of the confrontation about the errors of its past is a really democratic State, where all may recognize themselves fully."

Four are the areas of intervention the public appeal asks to focus on as to improve archival accesibility and transparency and on which it looks for public support:
  1. Secret of State. Complete fulfilment of the law of 2007 limiting the secret of State to 30 years in view of a normalization and improvement of access rights to the historical archives of Italian security agencies. A possible source of inspiration could be the American Freedom of Information Act;
  2. Parliamentary commissions of inquiry. Total accessibility for everybody to the documentation gathered  by the parliamentary commissions of inquiry and timely publication of their proceedings;
  3. Judicial acts of socio-historical relevance. Implementation of all the technical and adminisstrative systems that may help in the conservation and consultation of judicial acts of particular social relevance, e.g. the digitization of documents;
  4. State Archives. Ensure that all documents dismissed by the running archives are timely deposited in the historical archives (as foreseen by the Italian Code of Cultural Goods). Moreover, grant historical archives, which rank among the most underrated institutions in Italy, the funding, personnel and physical space needed to preserve the historical memory of the Italian Republic.





Powered by ScribeFire.

domenica 1 novembre 2009



made with www.wordle.net

mercoledì 29 ottobre 2008

Cambiare nulla per cambiare tutto

questo blog, stufo di languire in un cassetto mentale e virtuale, aveva deciso di cambiare nome e ragione sociale, nella speranza di diventare una pubblicazione, sempre aperiodica ed estemporanea, che possa però essere considerata ragionevolmente continuativa.

ma questo cambio di nome non è durato più di un paio di giorni... ora la speranza è che cambi almeno lo spirito e che ci si decida a pubblicare un po' più spesso. Vengono tolti d'imperio i limiti imposti nell'introduzione del blog originario riguardo a cosa si può pubblicare, ma mantenuti quelli relativi a come si pubblica (riferimenti, bibliografia, etc.)

E speriamo che tenga.

venerdì 21 marzo 2008

Polaroid

La storia si fa anche con le foto. E quali foto sono più adatte ad illustrare la storia più recente, la storia delle nostre infanzie ed adolescenze delle buone vecchie polaroid, le macchine fotografiche a sviluppo istanteneo inventate da Edwin Land che immagino tutti, più o meno, abbiamo tenuto tra le mani almeno una volta. O almeno avrete avuto il piacere di guardare le sue tipiche foto dai colori sgargianti e/o distorti incorniciate in bianco, su cui non ci si può trattenere dal disegnare, scrivere, scarabocchiare.



Scatto di cessiejohen tratto da www.polanoid.net



Ecco, se il ricordo delle polaroid fa sorgere in voi un moto di nostalgia, un vago sentore di madeleines , è giunta l'ora di impegnarsi per salvarle da una ingiusta fine. La concorrenza spietata, fredda e perfettina della fotografia digitale ha infatti indotto la Polaroid Corporation ad annunciare l'8 febbraio 2008 che interromperà la produzione sia delle macchine che dei rullini. Un giorno triste per i nostri ricordi e per la costruzione di ricordi futuri.

Se amate la fotografia istantanea e volete vedere la più grande collezione in progress di polaroid visitate il sito www.polanoid.net.
Se volete aiutare le polaroid a sopravvivere, magari attraverso la cessione della licenza di produzione ad qualche produttore alternativo, andate sue www.savepolaroid.com e fatevi dire come potete essere utili.

martedì 18 marzo 2008

Ambiente e ambientalismo

Questa volta ci diamo alla forma del saggio con una storia del movimento verde in Italia, per capire origini, filosofie, vicende e possibilità future di un ecologismo politico ormai disperso. E' di nuovo un pezzo un po' vecchio, già apparso tempo fa sul sito dei Radicali di Sinistra e citato un po' di volte sulle pagine di Wikipedia. Per ora il tempo sembra non permettermi molto più di mettere in ordine e catalogare tra le cose che ho già scritto da tempo.

Il vero problema nella ricostruzione della storia del movimento «verde» è che, almeno in Italia, è mancata al suo interno la coscienza della necessità di sviluppare la memoria storica e che quindi non è mai stata avviata un’opera organica e coerente di raccolta e selezione dei relativi documenti. In linea generale si può affermare che l’approccio organizzato alla questione ambientale in Italia si è strutturato in tre filoni: conservazionismo, ecologismo politico, ambientalismo. (Diani 1988, 47-56). Il primo si rifà a un certo moderatismo, supportato dal lavoro volontario e da modalità lobbistiche. Il concetto fondamentale di quest’approccio è quello di difendere beni estetici, paesaggistici, naturali e storico-artistici, che prima dell’industrializzazione non erano mai stati in pericolo, dal deterioramento. Gli obiettivi fondamentali sono l’attività diretta di protezione della natura ancora “selvaggia” e dei monumenti e l’educazione a più alti livelli di coscienza ambientale. Si rifanno a questa tipologia le primissime associazioni ambientaliste, supportate dai ceti sociali borghesi. L’ecologismo politico si è sviluppato all’interno dei movimenti sociali del ’68 ed è la tipologia all’interno della quale si sono sviluppate le posizioni più di «sinistra», che più facilmente si sono potute ricollegare a intellettuali e movimenti marxisti. L’interesse per l’ambiente si allarga qui a tutte le zone antropizzate, non più solo a quelle definite “di pregio”, affrontando gli aspetti sociali della questione ambientale e promovendo la trasformazione della società in modo da inibire le cause del degrado. Infine, l’ambientalismo si è sviluppato come parte del radicalismo libertario, per non dire che è nato negli anni ’70 all’interno dell’area di influenza diretta del Partito Radicale. Questo approccio si caratterizza per l’eclettismo, che lo porta ad assimilare e sostenere sia lotte conservazioniste, sia campagne dell’ecologismo politico, sostenendo una visione dell’azione politica basate su issue singole.

In Italia le prime attività organizzate nel campo della difesa della natura e del paesaggio si sono sviluppate all’interno di associazioni di vario tipo, non sempre dedite unicamente alla protezione dell’ambiente (Touring Club Italiano, Club Alpino Italiano, Pro Montibus et Sylvis solo per citare qualche esempio). Verso la fine del XIX secolo l’interesse principale era soprattutto estetico e di tutela paesaggistica. Questo tipo di ambientalismo nacque principalmente da un’attenzione elitaria e intellettuale per la costituzione di parchi naturali e la difesa di quelli che venivano definiti «monumenti naturali». Durante il fascismo il movimento subì un tendenziale declino, sia come movimento d’opinione, sia per quanto riguarda gli atti effettivi. Anche la salvaguardia della natura perse colpi a causa della politica autarchica di Mussolini, dell’intenso sfruttamento delle risorse e dell’industrializzazione forzata. L’ambientalismo visse poi un rinnovato momento di espressione pubblica subito dopo la seconda guerra mondiale. Tra il 1950 e il 1968 nacquero infatti le principali associazioni ambientalisti cosiddette “storiche” (Italia Nostra, Pro Natura, LIPU e WWF), senza però riuscire ad uscire da una ristretta area di riferimento, fondamentalmente borghese e di alto livello educativo. I metodi utilizzati da queste organizzazioni per influenzare la politica rientrano in quelle del conservazionismo classico e miravano ad affrontare la questione ambientale dal punto di vista della razionalizzazione dell’esistente (Lodi, 1988). Le principali battaglie in questa fase furono quelle contro la cementificazione delle coste, la deturpazione dei centri storici e la diffusione di raffinerie di petrolio sovradimensionate e inquinanti. La scoperta di massa dell’ecologia si può far risalire al periodo a cavallo fra anni ’60 e ’70, quando l’attenzione ai pericoli posti all’uomo stesso dall’abuso della natura si imposero all’opinione pubblica e ai grandi mezzi di comunicazione.

A segnare la definitiva trasformazione dell’ambientalismo in un movimento di massa furono una serie di eventi catastrofici, come l’incidente di Severo del 1976, che fecero capire all’ampio pubblico che depredare e ferire l’ambiente, significava allo stesso tempo l’avvio di un processo autodistruttivo da parte dell’uomo. Oltre a ciò, la crisi petrolifera avviatasi nel ’73 e le successive politiche di austerità avviarono nell’opinione pubblica e nelle classi politiche una riflessione sulle concezioni dello sviluppo e sui modi di correggere gli effetti più indesiderabili messi in atto da quella in atto. Le prime avvisaglie dello sviluppo dell’ecologismo politico vanno trovate nella fondazione di alcune riviste (Sapere e Ecologia) e di due associazioni dell’élite scientifica formatasi nel corso del movimento sociale post-sessantottino: Geologia Democratica (1973) e Medicina Democratica (1976).

Nel periodo immediatamente successivo, a cavallo del 1980, nacquero le ultime associazioni ambientaliste in ordine di tempo, più impegnate politicamente. Le principali sono la Lega per l’ambiente, nata come costola dell’ARCI, che rivestì un ruolo importante all’interno dell’area subculturale rossa, e le associazioni nate sotto l’influenza del Partito Radicale, come gli Amici della Terra, la Lega Antivivisezione e la Lega per l’Abolizione della Caccia. Nacque inoltre nel 1981 a Bologna la prima forma di coordinamento tra le associazioni ambientaliste ed ecologiste, il cosiddetto «Arcipelago Verde». Nel 1986 si formò poi Greenpeace Italia, un’associazione impegnata nell’intervento diretto e nelle manifestazioni ad effetto, che tenta di sfruttare le tecniche di opinion making e di guerriglia non violenta più avanzate ai fini della promozione della coscienza ambientale e di intervento in casi di necessità. Da menzionare ancora il fatto che a partire dal 1978 vennero fondate anche associazioni ecologiste di destra: i Gruppi di Ricerca Ecologica, espressione del MSI, e poi nel 1987 Fare Verde e Azione Ecologica, legate soprattutto al tema della nostalgia comunitaria e di un ritorno a una diversa relazione con la natura, vista nel rispetto di certe condizioni di vita tradizionali (Loreti 1999).

La definitiva politicizzazione del movimento si ebbe nel corso degli anni ’80. Le primissime liste a carattere ambientalista si formarono già fra il ’78 e l’80, ma furono esperienze molto locali, senza una reale prospettiva a livello nazionale. È nel 1983 che, grazie all’impegno dei radicali, vengono presentate le prime liste elettorali verdi di un qualche rilievo nazionale. Queste parteciparono poi al processo costitutivo della Federazione delle Liste Verdi nell’86, assieme a liste verdi locali, esponenti di varie associazioni ambientaliste e di Democrazia Proletaria. Precedente, del 1985, fu invece la scelta formale del simbolo, ancora in uso, del «Sole che ride». Nell’89 alle elezioni europee si presentarono poi due liste verdi distinte, una più orientata verso l’ecologismo politico (Verdi Arcobaleno) e l’altra verso la tradizione delle liste verdi locali (Federazione dei Verdi). Queste due liste ritrovarono la via dell’unità solo nel 1990.

Alla fine di questo processo dalle elite alle masse, i temi della contestazione ecologica sono entrati a far parte, in maniera più o meno efficace, del lessico di gran parte dei partiti e dei movimenti politici, in parte usurpandone il ruolo e cancellandone l’efficacia.

BibliografiaIsole nell'arcipelago, Diani M., 1988, Il Mulino
La sfida verde, Biorcio R. e G. Lodi, Liviana
Gli amici di Gaia. Storia, atteggiamenti e comportamenti degli ambientalisti italiani, Loreti A., 1999, La Sapienza
Foglie di fico. Luci e ombre del movimento ambientalista, Apuzzo S., 2004, Kaos Edizioni
Sorci verdi. L'ambientalismo, la politica, le lotte di potere: quattro anni da portavoce dei Verdi., Carlo Ripa di Meana, Kaos Edizioni
La difesa dell'ambiente in Italia: storia e cultura del movimento ecologista, Della Seta R., 2000, Franco Angeli

SitografiaIntroduzione al Congresso "Senza paura. L’ambientalismo oltre Cassandra" di Mario Signorino.
Italia, Germania, Francia. I Verdi al governo: la vera natura degli ecologisti. Storia critica di prospettiva ecomarxista da ecn.org.
Il Sole che non ride più. Storia critica di prospettiva liberista di Leonardo Tirabassi dalla rivista Ideazione.

domenica 16 marzo 2008

Israelogue

Cominciamo le 'trasmissioni' con un vecchio resoconto di un mio viaggio in Israele, sperando presto di postare qualcosa di più recente, ma che comunque il tutto sia gradito. Tanto per contestualizzare il viaggio si è svolto tra marzo e aprile 2000, qualche mese prima che scoppiasse la seconda intifada.

In una simpatica giornata di sole io ed Enrico ci siamo diretti all’aeroporto della Malpensa per dare l'avvio al nostro viaggio alla volta di Israele. Consci del fatto di andarci proprio nello stesso periodo in cui ci si sarebbe diretto il Papa, i progetti erano precisi: finché lui è a Gerusalemme, noi ci nascondiamo nel deserto! Non solo per evitare il casino di pellegrini che sempre lo accompagna! Comunque torniamo alla partenza: alla ricerca del volo più economico possibile ci era stata data la scelta tra un volo con le oscure Cyprus Airlines (inclusivo di sosta di due giorni a Limassol sia all'andata che al ritorno per aspettare il transit) e un volo di Sabena via Bruxelles, con sole tre ore di attesa al Zaventem Airport. Non si sa bene ancora per quale preciso motivo la nostra scelta è caduta proprio su quest'ultimo volo. Bruxelles non ci da sorprese né emozioni: nuvole, pioggia, freddo! L'arrivo a Tel Aviv era previsto per le 3.40 am, per la nostra preoccupazione. Ci sarà qualcosa di aperto? troveremo un mezzo per arrivare in città? etc.? Tutto vano, in piena notte a TA girava più gente che a BXL nel tardo pomeriggio: addetti alla sicurezza (ovviamente, ci faremo l'abitudine), negozi aperti, banche funzionanti e bus che girano!!!!! Usciti dall'aeroporto e raggiunta la stazione dei bus ci attende il primo impatto con la realtà israeliana (e si sa che le prime impressioni...): se uno non è un militare o lo è stato o lo sarà (fanno eccezione i pinguini, pardon gli ultraortoddossi)! E' domenica, il primo giorno della settimana, tutti tornano ai propri posti e i bus letteralmente traboccano soldati (e soldatesse, e le divise donano ;-)) con regolamentare mitra sempre addosso. Inquietante, ma si fa in fretta l'abitudine a chiedere al proprio vicino: "Scusa ti spiacerebbe spostare il fucile, mi ci vorrei sedere io lì" o a schivare le canne di armi automatiche mentre si cammina. Comunque sembrano tutti tranquilli, gli standard relativi alle divise sembrano più lassisti che nei paesi europei e loro, almeno molti di loro, sembrano provarci gusto a "giocare" con le armi. Il nostro obiettivo è un campus scientifico nel mezzo del deserto del Negev (Sede Boqer) dove mio fratello si trova, delegato a fare ricerca (un posto incredibile, ma di "sociale" non c'è veramente nulla se si eccettuano devastanti partite di frisbee e potlach improvvisati). Raggiungiamo il campus ancora in mattinata e a questo punto la nostra prima azione in terra d'Israele è crollare dal sonno sui letti forniti da mio fratello! Realizziamo solo poi dove ci troviamo adesso: in mezzo a un deserto, reale, puro e duro, nel quale le cose civili più vicine sono un qibbutz e una caserma (certo posti che non danno l'idea di folle divertimento), le città più vicine sono a 40 min. di pullman, e i pullman non ti portano proprio ovunque e proprio quando vuoi tu. Si fa impellente il bisogno di un mezzo di locomozione proprio e quindi lunedì ci catapultiamo a Beer Sheva (la famosa città più vicina, anch'essa per altro non sembra promettere divertimenti "folli") a noleggiare (eh sì crepi l'avarizia) una macchina! La nostra piccola, cara, maneggevole Daihatsu Charade! Una macchina che sembra non potere andare da nessuna parte e invece ti segue dove vuoi. Dotati finalmente del potente mezzo ci dirigiamo a visitare le città nabatee. Trattasi le città nabatee di ideazioni di un popoli di folli che avevano due grandi amori: il deserto e le scale. Le città sono incredibili, incastonate in luoghi dove c'è poco adesso (anzi una, Shivta, è proprio al centro di una zona di addestramento militare), mi immagino tra il 500bc e 500AD, ma dotate di ogni comfort concepibile per i tempi: cisterne, mulini d'olio comunitari, vinerie comuni etc.

Il deserto del Negev, nelle immediate vicinanze, di dove sta mio fratello in effetti è mediamente civilizzato e non da quell'idea di desolazione che il deserto nel mio immaginario avrebbe dovuto dare, al parte più incredibile però l'abbiamo vista il giorno dopo le città nabatee: il Makhtesh Ramon, il più grande cratere naturale del mondo, formatosi nel corso di un complicato processo di collassamento di una immensa volta rocciosa, che mio fratello ci ha spiegato ma io non ho registrato al 100%! Nel Makhtesh sembra che non ci sia un punto identico all'altro, un colore che non riesca a farsi rappresentare da una qualche sabbia . Abbiamo camminato un cinque ore tra le sabbie e le rocce di questa incredibile arena naturale, immersi nel silenzio che solo gli spazi sconfinati ti possono donare, guidati dagli efficientissimi sentieri israeliani (prob anch'essi studiati per il caso di un eventuale uso militare). Un esperienza difficilmente spiegabile a parole e, purtroppo, neanche le foto rendono ragione allo spettacolo (alla faccia della pubblicità della Kodak), mancheranno sempre i colori veri, la possibilità di toccare la sabbia, le ore impegnate a cercare fossili con alterne fortune, il vento, la polvere etc etc. Insomma se potete andateci!

E dopo questa gita il deserto si è rivelato sempre di più quello che non ci aspettavamo: la pioggia comincia a scendere a fiotti (100 mm l'anno e tutti quando ci sono io! sgrunt). Avendo la macchina decidiamo che vale la pena per cena migrare a Beer Sheva alla ricerca di un ristorante (macchina, ristorante, ragazzi mi sto imborghesendo, ma sul serio!). Il ristorante lo troviamo, beh non proprio quello che mio fratello cercava, ma insomma, bulgaro era bulgaro! Sì, ho mangiato bulgaro! Al ritorno però il deserto decide di farci un'altra sorpresa: la nebbia! sissi proprio nebbia nel deserto! E chi guida? Io ovviamente, un'ora di guida a visibilità minima, una fatica bestiale, da ricovero. Fortuna che le strade nel deserto sono dotate di misure di sicurezza superiori (fini militari?) catarifrangenti lungo tutta la linea centrale e quelle laterali. A casa alla fine ci siamo arrivati. Visto il clima impropizio il giorno dopo cambiamo piani al volo e ci dirigiamo quasi fino ad Eilat, a Timna, a caccia del sole, invece di andare a nord verso Masada. In fondo una giornata di riposo, la guida diventa più divertente quanto più si va a sud, il sole arriva, il Timna park è di quelli che si girano in macchina, con un minimo sforzo fisico, unica nota stonata il finto campo beduino alla fine del parco (disneyland negev) e il fatto che io quel giorno mi dimentico la macchina fotografica nello zaino di mio fratello! vabbè un rullino risparmiato! Alla sera torniamo a casa puntuali per la partita di frisbee e per il potlach serale (dove scopro che i tedeschi che mangiano il ketchup sulla pasta esistono veramente, sigh!). Finalmente giovedì sembra che il tempo dia al bello (se si esclude un implacabile vento) e ci dirigiamo finalmente verso Masada! Masada è un incredibile rocca posta in cima ad una montagna, praticamente inespugnabile (ci riuscirono solo i romani, costruendo una immensa rampa di terra, trovando però tutti morti gli ebrei che vi si erano asserragliati all'interno), con al suo interno un altrettanto incredibile palazzo erodiano (Erode credo fosse veramente un megalomane senza pari, costruire un palazzo con terrazze a tre livelli a picco sul nulla è veramente un'idea delirante) Il vento continua a non dare tregua! Nel primo pomeriggio scendiamo verso il mar morto. Il tempo sembra non permettere un bagno, ormai sono troppo italiano per prendere a cuor leggero un bagnetto nell'acqua gelata, ma l'arrivo di un orda i anziani olandesi che praticamente si riversa nel mare direttamente dal pullmann fa dire sia a me che a Enrico: "se loro sì, perché noi no?" e via in acqua! Esperienza che dire strana sembra riduttivo, non puoi andare giù qualunque cosa tu faccia, la cosa più divertente è sforzarsi per rimanere in piedi in acqua. Non tocchi ma lo stesso l'acqua ti arriva solo fino al petto!!??!!! Non troppo difficile credere che su questo mare qualcuno abbia anche camminato1 ;-) Alla sera i vestiti che avevamo lasciato a mio fratello da lavare finiscono simpaticamente insabbiati nel corso di una specie di tempesta e quindi partiamo alla volta di Eilat e della Giordania con il bagaglio involontariamente e stranamente "leggero". La bella vita sta per finire a Eilat dobbiamo riconsegnare la macchina, un momento difficile per noi. comunque esaurita anche questa pratica Eilat si para ai nostri piedi (letteralmente). Eilat fa schifo! oltre ad essere l'unica città che conosco in cui l'aeroporto è praticamente in centro città! Non c'è altro che mega alberghi e centricommerciali, un posto poco raccomandabile! Noi però abbiamo un obiettivo: andare a fare snorkeling per osservare la barriera corallina! Per farlo raggiungiamo quasi il confine con l’Egitto, un capannino denominato Snuba, e vi noleggiamo maschera, boccaglio e muta e ci diamo a un paio d'ore, non consecutive, di osservazioni del fondale marino. Spettacolare! Alle quattro riusciamo a uscire dall'acqua marina e decidiamo ad applicare l'Idea Geniale di Enrico: "Perché invece di dormire ad Eilat, che fa schifo, e perdere tutto domani per raggiungere Petra (il nostro obiettivo successivo), non passiamo il confine giordano adesso che non dovrebbe esserci nessuno e dormiamo in Giordania, avendo poi tutto il tempo di raggiungere Petra." In effetti al confine non c'è nessuno (beh a parte i doganieri) e per uscire da Israele praticamente basta pagare, così come basta pagare (io di più in quanto tedesco) per entrare in Giordania. Visto che i due sono paesi "amici" come dice mio fratello le misure di sicurezza si limitano a torrette con mitragliatrice un po' ovunque e a una terra di nessuno minata di cinquecentometri. Però, insomma, passare si passa, anche se resti senza soldi! Giunti in Giordania prendiamo subito confidenza con i metodi arabi e veniamo abbordati dai tassisti che cominciano a offrirci passaggi per ovunque. alla fine decidiamo per la versione minima e ci facciamo portare solo a Aqaba per 5JD (15.000 lit/7.5US$) Il tassista tenta di trovarci anche un albergo (di qualche suo amico cugino o che so io! In Giordania sembrano conoscersi tutti, almeno ai nostri occhi di occidentali) ma noi lo troviamo un po' caro a 7JD a testa per notte in un paese in via di sviluppo! Quindi ci mettiamo a girare per la città e arriviamo quasi per caso alla Bus Station. Qui di nuovo ci vengono offerti passaggi di qualunque tipo per qualunque posto tra cui anche un incredibile Petra indiretto via Ma'an a 7JD in due. così dopo un viaggio in compagnia di soli autoctoni (Enrico si mimetizzava ancora, ma che io fossi un turista si vedeva lontano 100 miglia) il giorno stesso che eravamo partiti da casa di mio fratello siamo arrivati a Petra. e questo dopo aver discusso tutta la sera precedente se avremmo dovuto rinunciare a qualcosa per fare in tempo, così tutto sembrava risolversi da solo! Troppo stanchi ormai per capire prendiamo il primo albergo economico che il tassista ci offre (4JD a notte) e sveniamo nella nostra camerata.

Petra a 20Jd di ingresso (60.000Lit/30US$) è evidentemente un evento once in my life, nel senso che va visto una volta, ma non penso che ci andrò una seconda! E' stupendo, è incredibile, ma... Oltretutto abbiamo tentato di vedere tutto (proprio tutto) in una giornata intensiva, otto ore, dalle 9 alle 5 di camminata su e giù per quelle fottute (con simpatia) scale nabatee! Alla sera ero di nuovo in stato comatoso! Fortunatamente l'australiana, nostra compagna di stanza, ha avuto la buona idea di organizzare la gita con guida beduina al Wadi Rum che anche noi volevamo fare il giorno dopo e di coinvolgerci!!!!! Grazie Sharyn!

Quindi il mattino dopo partenza per Wadi Rum con un bus autoctono! Raccattiamo altri due compagni di gita sullo stesso bus, una coppia di belgi, proprio belgi! Il Wadi Rum è un altro deserto affascinante, che mi ha rapito il cuore. Un deserto rosso circondato dal montagne nere, da restare senza fiato, da tornarci per starci più di una notte. La nostra guida è Attalh, che si presenta con il classico costume beduino, ma appena restiamo soli decide di liberarsi di quei panni, ci racconta della sua vita come pilota di elicotteri cobra in USA, ci fa vedere le sue foto personali e comincia a farci diventare dipendenti dal te beduino! Ne avrò bevuti quindici solo quel giorno. La parte veramente più appassionante della permanenza nel WR è stata la notte passata in tenda nel deserto. Che esperienza. Le cose belle continuano a finire e siamo già al giorno dopo, lunedì io Enrico e i due belgi scendiamo alla volta di nuovo di Aqaba, mentre l'australiana si decide per restare! Aqaba, fa quasi più schifo di Eilat, perché è un luogo turistico ma straccione e sporco (incredibile!) Con lunedì infine arriviamo al primo giorno del nostro viaggio in cui non vediamo o non facciamo qualcosa di meraviglioso. L’evento più significativo è il fatto che rientrando in Israele (e stavolta non si paga) le addette alla sicurezza non credono che io sia il legittimo proprietario del mio passaporto, e in effetti visto che non portavo gli occhiali, non avevo la barba , avevo i capelli più corti nella foto, sembra che io quel passaporto l’abbia onestamente rubato ad un bambino! Per sincerarsi della mia identità (che metodi) la doganiera decide di chiedermi a bruciapelo, in tedesco, la mia data di nascita. Come se fosse un metodo sicuro. Per il resto una semplice, devastante, giornata di spostamento con i mezzi pubblici. Come rimpiangiamo la nostra macchinino in quel momento! Arriviamo stremati alla sera al campus da mio fratello, il giorno dopo un po' di relax con un breve giro a visitare una vicina fonte e poi nel pomeriggio ci dirigiamo a Jerusalem! Primo impatto con la civiltà dopo quasi dieci giorni di deserto e natura: traffico, sirene, interventi di polizia, ci sembra di impazzire! Dopo un'oretta raggiungiamo l'ostello che abbiamo scelto dalla guida (LP forever)con il criterio di quello che sembra più divertente! e c'abbiamo azzeccato: il Tabasco Hostel è un luogo assolutamente hippie, dotato di ristorante-bar-disco molto economico nel sottoscala, con happy hour due ore al giorno e punch party (bevi tutto quello che puoi per poco) al venerdì sera! La nostra decisione è immediata, la strada ci ha già stancati, questa diventerà la nostra base per un bel po'! Gerusalemme è incredibile per le culture che vi si affrontano, per il passaggio veloce da un quartiere arabo, assolutamente incasinato, a un quartiere ebraico che sembra finto, e lo è visto che lo hanno ricostruito tutto tra il '67 e l'82 dopo che i giordani, secondo una tradizione gerosolimitana introdotta già dai romani nel 70AD, l'avevano spianato nel '48. Le regola è: chi invade spiana! A seguito di questa regola i monumenti della città lasciano un po' a desiderare, tutto è praticamente nuovo (la cupola della moschea è in alluminio anodizzato, pagato dai Paesi del Golfo), la chiesa del Sacro Sepolcro è la più brutta chiesa che possa esserci, una specie di collage di brutte chiese. Ma l'ambiente della città è stupefacente, persino per un ateo incallito come me: le masse di gente attorno al muro del pianto che pregano, ballano, cantano, il canto del muezzin ogni giorno, una specie di atmosfera "nonostante tutto" bella (che cazzo vorrà dire poi questo!) che va al di là dei monumenti, ma molto al di là! Questa comunque è solo la città vecchia (che oltretutto dopo il tramonto se si eccettua il tabasco, chiude quasi del tutto) mentre la maggior parte della città nuova potrebbe trovarsi ovunque nel mondo, la gente esce tranquillamente al shabbat fregandosene allegramente dei precetti religiosi, nulla, a parte le scritte inintelligibili, farebbe pensare di trovarsi nella città santa delle religioni monoteiste. Qui un'eccezione è Mea Sharim, il quartiere ultraortodosso, un quartiere povero e cadente, uscito da un altro tempo, che sembra uno shtetl dell'Europa orientale. Un cambio radicale rispetto al mondo rutilante della zona dei locali.

La città vecchia per altro è veramente piccola: abbiamo rincontrato due volte la coppia di belgi che era con noi nel Wadi Rum e poi anche una coppia di amiche di mio fratello, conosciute giovedì sera prima di dirigerci in Giordania, con cui alla fine, pur non mettendoci praticamente mai d'accordo prima, ci siamo incontrati svariate altre volte (soprattutto dopo che loro hanno scoperto che al nostro ostello si mangiava e si beveva veramente per poco). A Gerusalemme abbiamo anche scoperto il piacere di fumare il narghilè: probabilmente la cosa legale da fumare che mi ha più sballato ad oggi! E poi il caffè in cui l'abbiamo fumato (o almeno abbiamo fumato quello più buono): un posto tradizionale, pieno di vecchiettini dediti al fumo e al caffè turco (altro must)!!!!!!!!!!!

Nella notte di shabbat sfruttiamo il punch party, ci rallegriamo un po’ e poi tra l’una e le due girelliamo nel quartiere ebraico augurando, con una birra (kosher) in mano a dire shabbat shalom a tutti e dirigendoci poi verso il muro del pianto, che nonostante tutto il mio ateismo, mi sono deciso a baciare. Non si sa mai!

Sabato gita fuori porta. La guida (che ben presto diventerà the Bible per l'affidabilità e l'accuratezza delle informazioni ivi contenute) consiglia, per conoscere i territori palestinesi, di visitare Nablus. e noi sempre fedeli ai nostri profeti, vi ci dirigiamo! A Nablus non se ne parla neanche però di ritrovare i monumenti segnalati dalla guida, non sarà sufficiente una bieca mappa ad orientarsi. Poi in effetti lì l’attrazione siamo noi per loro, probabilmente i primi turisti da un paio d’anni. Additati, guardati, analizzati, salutati, seguiti da intere classi delle elementari che allenano il loro inglese. E poi invitati a prendere un karkadè da un grandioso operaio palestinese, che ci ha raccontato l’intera sua vita nel suo inglese alternativo e ci ha dichiarato come siamo tutti figli di Adamo, indipendentemente da dove veniamo! Ce ne fossero di più così! Un’esperienza umana fantastica, senza dubbio! una delle migliori di questo viaggio!

Domenica mattina abbandoniamo definitivamente Gerusalemme e il nostro amato Tabasco (ormai mancano solo più due giorni alla definitiva partenza sigh!) Akko/Acri è il nostro obiettivo, seguendo sempre i consigli di the Bible. La città è bellina, ma si visita in fretta e al mattino dopo verso le undici, non abbiamo già più nulla da visitare. Ora la scelta è fra andare a scovare ancora qualcosa da vedere da qualche parte o darsi allo svacco totale! Decisione finale: SVACCO! E quindi il pomeriggio viene dedicato a TG1 (satellite), narghilè, siesta, cena a base di pesce (e l’imborghesimento continua), altro narghilè e poi a nanna! Degno finale di una vacanza in cui non abbiamo fatto altro che trottare per tutto Israele. Ah già in parallelo abbiamo anche tentato di confermare il nostro volo di ritorno con la Sabena, ma più che Sabena Shalom le linee aeree belghe non hanno saputo dirci! Abbiamo dovuto chiamare all’agenzia viaggi in Italia (grazie Daniela!) per farci confermare il volo. Fucking belgians! come direbbe un californiano del Tabasco!). Martedì, ultimo giorno, alla notte alla 5.30 il volo del ritorno si sarebbe alzato in volo. Andiamo a Tel Aviv, usando l’unica linea ferroviaria israeliana, non potevamo farcela mancare, ovviamente! Tel Aviv! che dire di Tel Aviv! Beh noi abbiamo avuto gli zaini in spalla tutto il giorno, quindi ci mancava la possibilità di provare la famosa nightlife di Tel Aviv, ma se si eccettua questa Tel Aviv sembra assomigliare a un immensa periferia americana che arriva dalle colline fino al mare, senza differenze di rilievo tra elementi che si possano definire centro o periferia. Oppure una Rimini esageratamente grande. Definitivamente brutta! Però forse qualcosa da vedere si potrebbe trovare! Magari la prossima volta, chissà! Chiudiamo la permanenza a Tel Aviv città mangiando l’ultimo pita shewarma (che assieme alla pita felafel e al houmous è stato il cibo principe della nostra permanenza urbana in Israele, buono ed economico) e poi per le 21.30 siamo in aeroporto. ci aspettano 8 ore di attesa. a mezzanotte siamo già distrutti dalla noia, io ho già dormito un’ora su una panchina e a questo punto la security ci salva dalla noia e ci butta nel delirio offrendoci di anticipare il security check. Sapete hanno un attimo di magra, come farsi sfuggire qualcuno da controllare! A questo punto il mio delirante passaporto tedesco, con tutti i dati che sembrano indicare che io dovrei essere italiano li fa impazzire. Sembro diventare il sospetto numero uno! Oltre al passaporto va aggiunto che effettivamente facciamo un giro strano per tornare in Italia (via BXL non è proprio da tutti), siamo studenti in viaggio fuori stagione, “ma non perdete dei corsi?”. TERRORISTI?

Ci fanno aspettare, portandosi via i nostri documenti, poi via con l’intervista/interrogatorio (rigorosamente separati): dove siete stati? chi avete conosciuto? Perché siete stati qua? perché è tedesco? perché passate da BXL? etc ripetendo le domande per vedere se diamo sempre le stesse risposte. Presente gli interrogatori di polizia dei telefilm americani, ecco quelli sono all’acqua di rose! Poi via al controllo bagagli: il che vuol dire che ti svuotano le valigie, controllano tutto con i metal detector, si incupiscono a proposito del trasformatore del mio cellulare, del mio cellulare, mi chiedono se ho mica un rasoio elettrico, poi la ragazza ride quando si accorge che nel frattempo, dopo 18 giorni che non mi faccio la barba, ho veramente un barbone! scattano sette foto ai loro piedi con la mia macchina foto per sincerarsi che funzioni e una la fanno far a me! Poi c'è la perquisizione corporale! Tutto questo ci fa passare un’ora in allegria. Chiedo alla fine se posso prendere la mia valigia come bagaglio a mano, ma me lo sconsigliano perché se no dopo avrebbero dovuto rifare tutto il controllo!!!!!!!!!!!!!! così gli lascio lo zaino e anche Enrico. A questo punto all’1.30 abbiamo ancora un’ora prima di fare il check-in che comincia alle 2.30. Facciamo passare ancora un’ora e poi chiediamo di fare il check-in. Questo significa nuova perquisizione del bagaglio a mano di Enrico, nuova perquisizione corporale, nuova loro incazzatura sul mio cellulare sul trasformatore e sulla mia macchina foto! Un’altra ora passa così! In tutto tre ore per fare il check-in, con incluso un interrogatorio in piena regola, e alla fine la loro assoluta certezza che non potessimo avere con noi alcunché di pericoloso. Alle 4 finalmente siamo nella zona imbarchi e ufficialmente ci riteniamo fuori da Israele. Da qui in poi non c’è più nulla che possa fermarci, a parte un lungo e noioso volo El AL e di nuovo tre ore di sosta a BXL. A Linate arriviamo diciotto ore dopo il nostro arrivo all’aeroporto Ben Gurion e con ciò si conclude il nostro viaggio e questo report!


venerdì 14 marzo 2008

Introduzione

In questo blog si intendono offrire racconti che aiutino a inquadrare storicamente con gli strumenti della narrativa il tempo presente e il recente passato. In caso di necessità, o se la voglia ci spingesse in questa direzione, si farà saltuariamente ricorso anche a saggi brevi che possano contestualizzare il tutto.

Non si tratta ovviamente di una rivista accademica, e quindi è aperta ai contributi di tutti, ma solo di uno spazio di discussione in cui raccontare eventi vissuti o studiati che si ritengono più o meno importanti per comprendere il mondo che ci circonda. Ciononostante, nel caso sia necesario citare testi altrui sarà bene farlo secondo le regole riconosciute delle pubblicazioni scientifiche: virgolettato e riferimenti precisi alle pubblicazioni da cui i passi sono tratti.

Incomincerò al più presto a inserire qualcosa di mio e a invitare qualche ospite a proporre dei suoi scritti. Se qualche lettore volesse pubblicare me lo faccia sapere: chiunque mi mandi un intervento ritenuto in linea con gli scopi del sito otterrò il dubbio privilegio di poter pubblicare in autonomia.